>

Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia – Recensione del romanzo

Title
Vai ai contenuti
Recensione: Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia, l'esordio straordinario di Michele Ruol.

Ci sono romanzi che consolano, romanzi che intrattengono e poi ci sono opere come Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia: un libro che spacca il silenzio con il suono pieno della verità.
In un panorama editoriale spesso ripetitivo, questo testo rappresenta una rarità: qualcosa di davvero nuovo. Lo è per la forma, per il linguaggio e per il coraggio con cui guarda dritto negli occhi il dolore più indicibile.

Una forma innovativa che spezza il fiato
La struttura è quella di un inventario emotivo e narrativo: una serie di capitoli brevissimi, spesso lunghi mezza pagina, una, al massimo due, che agiscono come frammenti di memoria e schegge di realtà.
L'autore, attraverso l'inventario di oggetti presenti nella casa dei protagonisti (una cornice, una stufa, saranno 99 alla fine del libro) racconta la storia dei protagonisti.
Questi micro-racconti si rincorrono, si accavallano, si interrompono, lasciando spazio al non detto. È proprio in questo ritmo sincopato che il lettore si muove — quasi inciampa — nella storia di una famiglia spezzata: una madre, un padre, il Maggiore e il Minore. L'autore ci racconta tutta la loro storia muovendosi nel presente, nel passato e nel futuro.
I personaggi non hanno nomi. Hanno ruoli. E in questo c’è una scelta potente: l’universalità della perdita. Nessun nome, perché chiunque potrebbe essere loro. Nessun nome, perché dopo un trauma così, anche le parole più intime si svuotano.

Si può sopravvivere alla morte dei figli?
Il romanzo si articola intorno a una domanda che ferisce solo a formularla: si può sopravvivere alla perdita di un figlio?
La risposta non è mai esplicita. Ma ogni pagina grida (o sussurra) che il dolore non si supera: si trasforma. Si incarna nei gesti quotidiani, nelle crepe della relazione di coppia, nei dialoghi impossibili, nel silenzio.
Il dolore diventa presenza costante. A volte gelida, altre feroce. Ma mai innocua.

L’apparenza della coppia moderna
Nel cuore del romanzo c’è anche la relazione tra madre e padre.
Una coppia che si muove dentro i codici della modernità: lui un uomo presente ma scollegato, lei una donna che cerca l’indipendenza, l’elaborazione, la voce.
Ma ciò che emerge — con un’onestà spietata — è l’apparenza fragile di quella libertà femminile: in una società che resta maschile nelle aspettative e nei giudizi, la madre è ancora quella che deve tenere insieme tutto. Anche quando tutto è andato in frantumi. E che dunque sacrifica la propria vita alla famiglia.
Con il risultato che la relazione rischia di sgretolarsi sotto i colpi della routine, delle difficoltà, delle frustrazioni.

Conclusione
Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia è un’opera necessaria.
Una narrazione che non pretende di guarire, ma di mettere a nudo.
Con una lingua essenziale e poetica, e una struttura che restituisce perfettamente il caos ordinato del trauma, il libro ci chiede non solo di leggere, ma di ascoltare.
Per chi cerca letteratura autentica, coraggiosa e fuori dagli schemi, questo romanzo è un passaggio obbligato.
E sì, ferisce. Ma lo fa per lasciarci qualcosa di vero.

Voto: ⭐⭐⭐⭐⭐
Un libro che non si dimentica. Un libro che resta. Come ciò che brucia. Come ciò che sopravvive.
Torna ai contenuti